Racconti inediti – Annik Mahaim.
Traduzione di Walter Rosselli
Altre opere della stessa autrice:
Pas de souci ! : https://www.plaisirdelire.ch/produit/pas-de-souci
Ce que racontent les cannes à sucre : https://www.plaisirdelire.ch/produit/ce-que-racontent-les-cannes-a-sucre
Femme en rouge
Novelle
Ritratto di città con donna
Le ha scritto su whatsapp: Credo che per entrambi sia meglio separarsi.Poi è scomparso, indirizzo, mail e numero di telefono disdetti.
È tornata alle giostre abbandonate nella speranza di capire. Gli era piaciuto passeggiare assieme su quest’area dismessa in riva all’estuario, prendersi sottobraccio sotto le insegne sconnesse e raccontarsi l’uno all’altra, addossati ai tentacoli di una piovra volante, mezzo seppellita nella sabbia.
A un paio di centinaia di metri, le nuove giostre rutilanti, con il loro Ottovolante verniciato di rosso. Poca gente quel pomeriggio, nonni e ragazzine, sfaccendati vestiti di miseria, tute sportive a chiocciola, tuniche a fiori svolazzanti su calzamaglie e ciabatte di plastica, senza dubbio clandestini avidi di sentire un po’ di musica, di fiutare almeno gli odori delle patatine fritte e del caramello. Di trovarsi nel frastuono, nel mezzo della gente, come se facessero parte della folla, come se fossero da qualche parte.
Di fronte, sull’altra riva, la Città di Vetro dove normalmente lavora. Un vasto piazzale pedonale lastricato, bordato da torri in ferro-vetro, blu, affumicate, nere, curiose quanto altrettanti totem nella loro varietà. Una nuvola malandrina si è smarrita là sopra. Occorre stare su questa riva per scorgerla, non alza mai gli occhi attraversando il piazzale. Di solito calca questo lastricato come tutti, con gli occhi fissi su preoccupazioni professionali interiori: una ventiquattr’ore in mano, si corre tallonando il tempo. Là da quell’altra parte, l’aria sembra satura d’efficienza.
Ora si rammenta il quindici maggio di quell’anno, giorno del loro incontro davanti alla torre Astag. C’era stato un segno annunciatore. Mentre filava a testa bassa verso l’entrata della metropolitana, il profumo d’un lillà in fiore aveva raggiunto la sua coscienza. In tale scenario, l’arbusto, prigioniero di un vaso di cemento, aveva l’aspetto di un vegetale antico smarrito nei secoli. Alcuni secondi più tardi inciampava su una lastra sporgente, lui la tratteneva, lei gli cadeva fra le braccia. Partenza per la grande attraversata del regno delle illusioni.
Oggi l’acqua di un verde sporco orla la passeggiata di legno e lei scorge una luna bianca all’ultimo quarto, stranamente sospesa in pieno giorno. Contempla il vecchio Ottovolante, un dinosauro di metallo color crema e ruggine, mostruoso scheletro colonizzato dai gabbiani, dai rovi e dalle graminacee, svasato verso il cielo come piattaforma di lancio per il vento. I vagoncini sventrati si ammucchiano nelle ortiche, questi ovetti magici che ogni due minuti si portavano via gente fra urla di spavento e di piacere.
Finiti i settimi cieli, il tempo che galoppa, le salite vertiginose, basta far paura; terminate le montagne russe nel ventre e le ebbrezze centrifughe. Dietro di lei il mare, come inutile, non ci si bagna. L’offerta vana del mare che s’insinua con le onde sotto le suole dei passanti indifferenti, e dentro i pesci, se ce ne sono ancora di quelli che sopportano il livello d’inquinamento raggiunto qui. Oscilla tra la luna lattea e la terra sotto i suoi piedi, questa palla blu in rivoluzione in un poro dell’universo, come la cabina in rotazione su se stessa della Ruota Panoramica. Alzando lo sguardo scorge Orione invisibile, un’altra sorprendente giostra, quando improvvisamente le appare colui che le frulla per la testa, quell’incredibile attrazione da baraccone, l’ondulazione degli elettroni che costituiscono i suoi occhi, la sua bocca, il suo cervello, quelle particelle che descrivono traiettorie inaudite, sulla luna come quaggiù, da quanto dicono.
Un Luna-Park allucinante in piena azione nella sua stessa materia. Tra ogni elettrone, un vuoto siderale. Aiuto, ha le vertigini, si lascia cadere su una panchina essenzialmente costituita dal nulla. Semplicemente espulsa dal meraviglioso Palazzo di ghiaccio in cui era entrata perdutamente, ecco l’orrore crudo della realtà. Precipita nella sua ignoranza pressoché totale delle cose. Non parliamo di capire la vita, il perché e il percome, in una simile fantasia. “L’amore” poi…
È l’odore dello zucchero filato che la fa uscire da là. Si alza e dice al mercante: «Uno zucchero filato, per favore», con il timore che le risponda: «Alla sua età?». Si ritrova bambina con le dita appiccicose tuffate nei filamenti di zucchero rosa, incantata di fronte a quel cotone secco che si liquefà sulla lingua.
E per oggi basta.
Annik Mahaïm
Tradotto dal francese da Walter Rosselli